giovedì 4 dicembre 2014

URLO



Ho visto i bambini migliori di quest’ultima generazione
prostrati dalla chemioterapia.
Genitori con le gambe spezzate da una diagnosi
cadere di schianto su sedie chiodate.
Corridoi lunghi e bui affacciarsi sulla notte
come acquari popolati da presenze silenziose.
Ho visto clown indossare una mascherina ed esibirsi attraverso un vetro
e bambini calvi e magri ridere a crepapelle .
Ho visto medici e infermiere seri e professionali
trasformarsi in re magi portatori di abbassalingua, penne magiche e sorrisi.
Ho visto capelli nuovi di zecca cadere a ciocche
e rimanere impigliati in una carezza.
Ho visto padri costruire giocattoli con siringhe, cateteri e cerotti
e negli occhi dei figli ho visto sparire la paura.
E questi cuccioli d’uomo appesi a mille fili, come futuristiche marionette elettroniche,
illuminarsi in un sorriso per una sciocchezza
e negli occhi dei padri ho visto sparire la paura.
Ho visto feste di compleanno meravigliose
in cui si brindava con aranciata e terapia.
Ho visto lunghe estati calde
rabbrividire nel riciclo d’aria impazzito di una camera sterile.
Panchine tese d’attesa
sciogliersi in uno sguardo amico.
Ho visto nascere amicizie, complicità, affinità del tutto speciali
rimanere riflessi virtuali di se stesse una volta catapultati fuori, nel mondo reale.
Ho visto persone diverse per accento, razza, religione, lingua
sedere vicine e insieme ridere, piangere, abbracciarsi.
Perfetti sconosciuti e vecchissime conoscenze nascoste nelle rughe della memoria
affacciarsi con discrezione e affetto nella nostra  vita per offrire un aiuto, un sostegno,  un incoraggiamento.
Amici più veri del vero trasformarsi in psicologi, baby sitter, lavanderie, cuochi, imbianchini, imprese di pulizie, restauratori
senza mai perdere quella vena di cinismo ed ironia che non  fa pesare l’aiuto ricevuto.
Ho visto la felicità avvicinarsi
e poi scartare di lato e fuggire.
Ho visto bambini guarire e riammalarsi.
Ho visto bambini e ragazzi sani, abbronzati e con folti riccioli biondi
tornare per portare una ventata di ossigeno e speranza.
Ho visto facce,
sospiri,
pianti,
cicatrici,
barelle andare e venire.
Enormi tunnel a raggi x
inghiottire e scannerizzare corpi di poche decine di centimetri.
Ho visto danze pazze e scatenate a cavallo dell’asta di una flebo.
Bambini crescere e genitori invecchiare.
Stagioni susseguirsi ancora e ancora e ancora
attraverso lo stesso panorama graticolato.
Ho visto arrivare la vita nei bianchi pancioni del settimo piano
e ho visto la vita andare via dietro una porta chiusa, negli occhi atterriti di una madre, nel silenzio pietrificato di un uomo, nelle parole amarissime di un padre.

Ho visto cose che voi umani non solo non potete, ma non vorreste mai nemmeno immaginare.
La più terribile di tutte è la morte. Che con una feroce zampata finale strappa le armi al giovane guerriero. Quello che più di ogni altra cosa voleva vivere, imparare, andare per il mondo con la strada sotto i piedi e il sole sopra la testa. Sempre con il sorriso e lo sguardo inondato di luce.
Che fino all’ultimo ha combattuto senza cedere di un solo passo. Che ha continuato a guardare avanti e a credere nel futuro.
Poi arriva lei, la morte. Che si fa beffe di tutto. Della lotta, del merito, dell'età… della vita. Disarciona il guerriero , lo disarma di colpo e lascia sul campo un corpo dilaniato, e nell’unica consolazione di un sonno artificiale che allontani il dolore, ruba d’un tratto il suo ultimo respiro.

A noi, fortunatamente, rimane la memoria.
È stato un onore e un privilegio avere combattuto insieme a te,
Buon viaggio, Principessa Sania.

6 commenti:

  1. Me lo ha raccontato, Francy.

    Niente altro da aggiungere.

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  2. Entro in punta di piedi a leggere questo post.
    Non ti conosco e non mi conosci ma ti ringrazio per aver condiviso i tuoi sentimenti in rete. Condivido il tuo post come Top of the Post di questa settimana. Mi ritiro in silenzio e per quello che conta un grande grandissimo abbraccio.

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    1. Ti ringrazio molto, sia per le tue parole, sia per il dono che ci fai condividendo il nostro post. Quando abbiamo scoperto la malattia di Isotta, il 7 giugno 2013, io e mio marito, dopo la prima iniziale botta nello stomaco, abbiamo deciso di trasformare un blog che gia tenevo (molto sporadicamente e per pochi amici, e che raccontava la nostra vita con i nostri due bambini), in uno strumento per condividere e far conoscere la realtà di quel mondo parallelo che oncoematologia pediatrica.
      Abbiamo cercato di scrivere sempre con ironia e a volte un pizzico di cinismo, prioprio con l'intento di arrivare, senza pietismi, anche a chi, fortunatamente, su quel pianeta non c'è mai stato, oltre che, naturalmente, ai genitori che invece lo conoscono fin troppo bene.
      Abbiamo avuto ottimi riscontri e sapere di poter dar voce anche ad altri ci spinge a continuare e a non abbandonare la strada che ci siamo prefissati di seguire. Anche nei momenti più difficili (come la recidiva che si è presentata questa primavera) il blog e la pagina facebook di Ospedalando ci hanno fatto sentire sempre molto sostenuti e questo ci ha permesso di scrivere ancora, sostenendo a nostra volta altri genitori.
      Per questo ti ringraziamo moltissimo per voler condividere il post sul tuo blog.
      All'inizio di una vicenda come quella che abbiamo vissuto noi ci si sente soli, spaesati, centrifugati da mille emozioni contrastanti, se il nostro blog potrà essere di conforto anche ad altri, per noi sarà un obiettivo centrato.
      Grazie ancora,
      Elena e Antonio

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  3. Che dire, leggere questa lettera mi riporta indietro di 15 anni quando anch'io e mia moglie ci siamo trovati in questa identica situazione. Per fortuna noi oggi abbiamo una ragazza di ormai 19 anni, ma i ricordi belli e brutti rimangono stampati nella mente. Non ci sono parole.....Gianluca

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    1. grazie per aver condiviso i tuoi ricordi Gianluca. Quando attraversi il confine ultimo di pediatria, comunque si concluda la tua avventura, ne esci cambiato. Nel bene e nel male. E la perdita dei compagni di viaggio è una ferita che solo chi ha attraversato quei corridoi sa capire. Non importa quanto tempo sia passato e quanto cammino si sia percorso insieme. Ogni volta è uno spintone tremendo che ti ripiomba a terra, e ti sussurra che non puoi mai sentirti davvero al sicuro.
      Per fortuna ciascuno ha le sue armi per reagire.
      Grazie ancora.

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